Chiesa di S.Maria dell'Ammiraglio (Chiesa della Martorana)

P. Bellini 3 - Palermo Vedi la mappa

Diocesi di Piana degli Albanesi

Informazioni

La Chiesa della Martorana si affaccia su Piazza Bellini a Palermo e appartiene all’Eparchia di Piana degli Albanesi, diocesi cattolica con rito greco – bizantino. È tra le più affascinanti chiese bizantine che esistono in Sicilia risalente al Medioevo. In Italia testimonia la presenza della cultura religiosa e artistica ortodossa, presente ancora oggi. Furono gli albanesi che si rifugiarono in Sicilia, per sfuggire alle persecuzioni turche, che apportarono questo culto che ha lasciato notevoli tracce nella pittura delle icone, nel rito religioso, nella lingua e nei costumi tradizionali delle colonie albanesi della provincia di Palermo. Questa comunità appartiene oggi alla Chiesa Cattolica ma segue il rito e le tradizioni della Chiesa Orientale Ortodossa. La bellezza di questa chiesa sta anche nella molteplicità di stili che racchiude, poiché di secolo in secolo è stata arricchita da diversi dettagli artistici, architettonici e culturali. Oggi la Chiesa della Martorana è una ChiesaMonumento, da ammirare e visitare nelle sue molteplici facce e bellezze. Storia della Chiesa della Martorana Un documento greco arabo, risalente al 1143, un’incisione sulla facciata e una raffigurazione musiva, attestano che questa chiesa fu fondata proprio in quell’anno per volere di Giorgio d’Antiochia, ammiraglio siriaco di fede ortodossa, al servizio di Ruggero II. La chiesa fu costruita,sulle antiche mura della città, da artisti orientali nei pressi del monastero Basiliano femminile, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194., Ceduta agli inizi del XII secolo al clero greco, divenne successivamente sede della Corte Pretoria di Palermo che vi amministrava attività giurisdizionali e notarili.Qui il Parlamento siciliano nel 1282 offrì la corona al re Pietro d'Aragona durante la guerra del Vespro. Allorché l'edificio venne ceduto nel 1484 al convento accanto, fondato nel 1193 da Goffredo ed Eloisa Martorana, da cui la chiesa prese poi il nome, esso subì diverse trasformazioni. Le stratificazioni storiche e culturali fanno di questa chiesa un insieme rappresentativo della sfaccettata cultura siciliana. Descrizione Essa era costituita da una struttura cubica, sormontata da una cupola, da un atrio trapezoidale scoperto e porticato, e da una torre d'ingresso in asse con l'abside della chiesa. Per adeguare la chiesa alle nuove esigenze liturgiche del rito latino, venne trasformata la pianta a croce greca in basilicale, venne abbattuta la facciata, e inglobato lo spazio dell'atrio antistante, che fu coperto, creando le tre navate. La torre campanaria venne utilizzata come ingresso. Tra il 1693 e il 1696 l'abside centrale semicircolare che in origine conteneva dei mosaici, venne sostituita da un cappellone rettangolare, poi decorato con marmi mischi e con gli affreschi nella cupola di A. Grano (La Gloria dell'ordine benedettino). Nel 1750 fu costruita sul fianco della chiesa una nuova facciata barocca, recentemente attribuita a N. Palma. Nel 1870 in seguito ai restauri del Patricolo vennero distrutte le preziose decorazioni barocche per ripristinarne la configurazione originaria. Nella fascia epigrafica che conclude in alto l'edificio si ripetono, in caratteri greci, il nome del fondatore e la dedicatio alla Madonna. Oggi si accede all'interno dalla torre-ingresso, una costruzione a pianta quadrata del XIII secolo, aperta in basso da arcate arcuate a colonne angolari e con tre grandi ordini di grandi bifore,era sormontato da una cupoletta, distrutta in un terremoto nel 1726. . La chiesa ha pianta a croce greca, prolungata dal nartece e l’atrio sui quali si trova un portale assiale ancora esistente. Intarsi policromi e decorazioni geometriche ne arricchiscono l'apparato murario. All'interno della chiesa il coro del 1588, al posto dell'atrio porticato normanno, è diviso in due parti. Nel coro, separato da gradini e da transenne in marmi mischi, sono affrescate le Storie della vita di Gesù di G. Borremans e la Gloria della Vergine di Olivio Sozzi (1744). A sinistra vi è la Madonna del Rosario di Giuseppe Salerno detto lo Zoppo di Ganci. L'ingresso contiene due mosaici dal significato storico e politico, in origine posti nella facciata: Ruggero incoronato da Cristo, secondo la concezione teocratica della monarchia normanna, e Giorgio d'Antiochia ai piedi della Vergine, che tiene un'iscrizione dove si afferma che egli ha eretto la chiesa dalle fondamenta. Nei mosaici rilucenti d'oro prevale il ciclo mariano, tema non molto comune nelle chiese bizantine. Lo stesso Cristo benedicente nella cupola è più lontano rispetto alla iconografia usuale ed è rappresentato assiso con la terra posta ai suoi piedi tra arcangeli piegati in posizione adorante. Nel tamburo sono rappresentati i Profeti e gli Evangelisti. Nella rappresentazione delle feste liturgiche vengono privilegiate quelle dove Maria ha un ruolo importante: Annunciazione, Natività, Presentazione al Tempio, Dormizione. Nella perduta abside centrale doveva esserci la Madonna in trono, mentre nelle absidi minori vi sono Gioacchino e Anna. Nell'attuale presbiterio barocco da notare il tabernacolo in lapislazzuli donato dallo Zar di Russia ,ed il quadro di Vincenzo da Pavia con L'Ascensione (1533). Tra le opere d'arte della chiesa la porta lignea sulla destra del coro con intagli aniconici eseguita da maestranze arabe (XII secolo). A questo edificio, più volte restaurato, si accede tramite il campanile, una costruzione a pianta quadrata del XIII secolo, aperta in basso da arcate arcuate a colonne angolari e con tre grandi ordini di grandi bifore. La chiesa ha pianta a croce greca, prolungata dal nartece e l’atrio sui quali si trova un portale assiale ancora esistente. Originariamente l’edificio era sistemato e decorato come una chiesa bizantina a quattro colonne, fatta eccezione per gli archi a sesto acuto e i pennacchi della cupola, che appartenevano alla corrente islamica. Nel 1193 le case attorno furono adibite a convento basiliano e la chiesa ne verrà in seguito inglobata. Nel 1394 avviene la fondazione del convento della Martorana, ceduto poi ai benedettini. Nel XVI questa maestosa chiesa cade in un periodo di abbandono e nel 1683/1687, per adeguarla al nuovo rito latino, l’abside centrale viene distrutta e sostituita da una nuova abside rettangolare. Nel 1740 Nicolò Palma progetta un nuovo prospetto secondo il gusto barocco dell’epoca. Nel 1846, anno in cui si realizza l’abbassamento della piazza, viene realizzata la scalinata antecedente la chiesa e tre il 1870 e il 1873 Giuseppe Patricolo eff drastico restauro della chiesa con la volontà di riportarla alle fattezze originali. Sul finire del XIX la chiesa viene nuovamente abbandonata fino al ritorno del rito greco nella prima metà del XX secolo. Oggi questa chiesa è il punto di riferimento per più di 15.000 fedeli Arberesh di rito greco – bizantino,residenti a Palermo e dintorni. Arte della Chiesa della Martorana Entrati nel primo corpo della costruzione si trovano due decorazioni musive sul fronte del corpo originario che raffigurano Ruggero II e Giorgio d’Antiochia. Superata questa parte si arriva nella chiesa vera e propria, dove la parte superiore delle pareti e la cupola, al sommo della quale c’è l'immagine del Cristo Pantocratore, sono interamente rivestite di decorazioni musive di periodo bizantino, le più antiche di tutta la Sicilia e di grande importanza, in connessione con quelle riguardanti Dafne. Il ciclo di mosaici che si trova all’interno della chiesa è il più antico di tutta la Sicilia e rappresentano il Cristo con i quattro arcangeli e i patriarchi, mentre nelle nicchie sono ospitati i quattro evangelisti e nelle volte rimanenti gli apostoli. L’abside, distrutta sul finire del ‘700 fu sostituita con l’attuale cappella barocca a tarsie marmoree. Il monastero della Martorana, è legato ad una tradizione che ricorre in una tipica festa per i fanciulli siciliani " la festa dei morti" del 2 novembre. Nel settecento una delle curiosità della vita monastica era rappresentata dalla realizzazione di un particolare prodotto gastronomico. Le suore del convento un giorno di novembre, dovendo ricevere la visita di un altissimo prelato, abbellirono il loro giardino, in quel periodo dell'anno spoglio, con tanti fruttini colorati fatti con le loro mani con un impasto che prevedeva albume d'uovo, zucchero e mandorle tritate. Il vescovo apprezzò molto questi frutti e il successo della loro iniziativa fu tale che ne arrivò voce anche alla corte del re che volle in dono un cesto di frutta proveniente dalla Martorana. Per questo motivo la frutta di Martorana viene anche chiamata pasta reale. Dopo la soppressione degli ordini religiosi nel 1866, la produzione dolciaria del monastero cessò completamente, ma la specialità dei "frutti di Martorana" divenne patrimonio dei pasticceri della città che ancora oggi, da veri e propri artisti, li continuano a realizzare.


Descrizione e/o foto tratte da https://www.facebook.com/pg/LaMartorana

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